Tracciamento e analisi dei contatti: approfondimenti dalla lotta (basata sui dati) contro ebola e malaria

In tutti i casi, un modo per controllare e, alla fine, fermare la diffusione di queste malattie si basa su due idee molto semplici: tracciare ogni possibile contatto con i soggetti infetti e diffondere le informazioni più rapidamente della malattia.

La crisi dovuta al COVID-19 e le conseguenti decisioni di chiudere uffici, scuole, ristoranti e la maggior parte dei luoghi pubblici non essenziali costituiscono uno sforzo senza precedenti per proteggere tutti, familiari, amici e conoscenti, dal virus. Ci è stato detto di restare a casa, di lavarci le mani a ritmo di "Tanti auguri" (da cantare due volte) e indossare la mascherina se usciamo a fare una passeggiata. Ma per molti di noi è stata la prima volta che abbiamo sentito parlare di argomenti di salute pubblica ed epidemiologia, come il concetto di "tracciamento dei contatti", balzato alle cronache di recente.

Per l'epidemiologia, è stata una grandissima occasione per raggiungere un vasto pubblico. All'improvviso, scienziati e autorità sanitarie hanno invaso radio e TV per parlare dell'importanza di tracciare ogni possibile interazione che potrebbe causare la trasmissione della malattia per limitarne la diffusione.

Se il concetto di tracciamento dei contatti non ti è nuovo, forse è merito del TED Talk tenuto dal dott. Larry Brilliant nel 2006 sull'eradicazione del vaiolo. Brilliant ha descritto in maniera molto dettagliata come, insieme al suo team, ha attraversato l'India per tracciare ogni singolo caso di vaiolo e ogni possibile contatto con ciascuno finché i contagi non sono stati azzerati. In più, ha previsto la sfida che stiamo affrontando oggi. Dopo aver simulato un'epidemia di SARS non controllata che toccasse ogni Paese sulla Terra nell'arco di tre settimane, Brilliant ha concluso con una richiesta precisa: ovvero di investire in sistemi di "rilevamento e risposta precoci" per limitare la diffusione della malattia.

Alla Tableau Foundation, abbiamo proprio sperimentato l'efficacia di tracciare i contatti e raccogliere dati dettagliati per monitorare e ridurre la portata di alcune delle malattie più micidiali al mondo. Per anni, abbiamo collaborato con organizzazioni non profit e autorità locali di tutto il mondo per promuovere un'azione basata sui dati nella lotta contro alcune delle malattie più letali al mondo: malaria, tubercolosi, HIV/AIDS, ebola.

In tutti i casi, un modo per controllare e, alla fine, fermare la diffusione di queste malattie si basa su due idee molto semplici: tracciare ogni possibile contatto con i soggetti infetti e diffondere le informazioni più rapidamente della malattia.

Scopri di più sull'operato della Tableau Foundation sul fronte della sanità mondiale.

Lezioni dall'Africa occidentale

Questo aspetto è stato lampante negli sforzi per combattere l'ebola in Africa occidentale nel 2014. Insieme ai nostri partner Dimagi e NetHope e in collaborazione con The Earth Institute della Columbia University, siamo riusciti a distribuire sistemi di analisi con Tableau integrato che hanno permesso alle autorità sanitarie e politiche di capire gli interventi necessari per ridurre la potenziale diffusione della malattia.

Era ovvio che era necessaria la tecnologia per raccogliere e analizzare i casi in Guinea, Liberia e Sierra Leone, ma i metodi di raccolta dei dati erano tutt'altro che tecnologici: consistevano infatti in colloqui con i pazienti infetti su chi avevano incontrato, quanto tempo fa e, nel migliore dei casi, sui nomi dei possibili contatti.


Con le dashboard di riepilogo sulla Guinea le autorità hanno capito lo stato attuale e l'avanzamento dell'epidemia.

Per contenere la diffusione, la popolazione doveva agire in modo opposto rispetto ai propri usi e costumi sociali, in particolar modo chi viveva a stretto contatto in grandi famiglie, dove qualunque occasione, dai pasti consumati insieme alla preparazione dei corpi dei defunti per i riti funebri, poteva favorire la trasmissione del virus da una persona all'altra. La popolazione doveva essere istruita sui meccanismi di diffusione della malattia e incoraggiata a cambiare questi comportamenti finché il virus non sarebbe stato debellato. Queste informazioni sarebbero state alla base dei colloqui condotti dagli operatori sanitari per conoscere ogni possibile punto di contatto, insieme alle misure da seguire per evitare la trasmissione.

Quando è stata introdotta la tecnologia Dimagi in questo flusso di lavoro, i tempi per aggregare i dati e metterli a disposizione dei funzionari locali si sono ridotti da una settimana a un paio d'ore. Grazie a questi dati, è stato possibile eliminare in maniera metodica i contatti tra i soggetti infetti e il resto della popolazione. Alla fine, la diffusione della malattia, che ha causato oltre 19.000 contagi e 7.500 decessi, è stata fermata.

Un passo avanti nella pianificazione della risposta

Questa metodologia è stata ripresa in gran parte durante la seconda ondata di ebola che ha colpito la Repubblica democratica del Congo (RDC) nel 2018. La nostra organizzazione partner PATH è stata coinvolta in un grande consorzio pubblico-privato che ha reso possibile una risposta rapida contro l'epidemia nella provincia dell'equatore. Anche se era disponibile un vaccino efficace, era importante tenere traccia dei contatti per determinare dove distribuirlo perché le scorte erano limitate.

I dati sul tracciamento dei contatti sono stati analizzati dai centri per le operazioni di emergenza regionali e nazionali della RDC, insieme ad altri dati demografici, epidemiologici e socio-economici, per determinare le aree con una maggiore vulnerabilità e le modalità di distribuzione delle risorse di contrasto. Le autorità hanno quindi consultato questi dati, di persona o in via telematica, per prendere le decisioni quotidiane e capire i progressi fatti.

Grazie all'esperienza maturata nell'epidemia del 2014, la risposta è stata rapida ed efficace, salvando indubbiamente tante vite. Alla fine del 2019, mesi dopo la scoperta dei primi casi, si contavano circa 3.400 contagi confermati e 2.200 decessi attribuibili alla malattia.


Il Ministro della Salute della Repubblica democratica del Congo osserva sul tablet la dashboard relativa all'ebola, con informazioni in tempo reale sulla situazione in corso. Foto: Ministère de la Santé RDC, su gentile concessione di PATH.org

Trovare il segnale in mezzo al rumore

Anche se il nuovo coronavirus ha sintomi e modalità di diffusione diversi rispetto all'ebola, il meccanismo è sempre lo stesso. Il virus è il passeggero e il corpo umano il suo veicolo. Da quanto sappiamo finora, il coronavirus si diffonde principalmente tramite le goccioline di saliva emesse con un colpo di tosse o uno starnuto da una persona infetta. Capire e tracciare le modalità di trasmissione, in gergo vettori della malattia, è essenziale per limitarne la diffusione. Per tracciare i contatti, non bisogna far altro che identificare i casi di contagio in corso e catalogare le persone con cui hanno interagito. Reuters ha pubblicato di recente un articolo con delle visualizzazioni formidabili che mostrano come è stata tracciata la diffusione del COVID-19 in determinate comunità della Corea del Sud.

L'idea di tracciare i contatti, di per sé semplice, si è rivelata subito complessa. Sebbene i dati siano sempre più presenti nella nostra vita di tutti i giorni, ottenere dati sulle interazioni personali, occasionali o abituali, non è affatto facile.

"Ci troviamo di fronte a una malattia dove il fattore tempo è essenziale. Se non controlli il tracciamento dei contatti, non puoi controllare la malattia."

Spesso, l'attività di tracciamento dei contatti diventa ancora più complicata, e più essenziale, a causa dell'incidenza dei soggetti asintomatici. I ricercatori hanno scoperto che il COVID-19 può avere tassi significativi di asintomatici, il che rende molto difficile rilevare e tracciare i casi effettivi. Se una persona non sa di aver contratto la malattia, non verrà registrata subito come un caso confermato. Però, se le autorità sanitarie possono tracciare i suoi contatti con un contagiato, allora potrà essere sottoposta a test e considerata come potenziale portatore.

Il COVID-19 non è l'unica malattia che si diffonde spesso con una trasmissione asintomatica. Circa l'80% dei soggetti portatori di malaria, ad esempio, non mostra i sintomi tipici di un'infezione, come febbre, brividi e nausea, tra i più evidenti. Dal momento che esiste una cura per la malaria, le attività di sorveglianza, test e terapia possono contribuire ad abbassare i tassi di infezione. Dove vengono eseguite correttamente, abbiamo osservato una riduzione dei casi segnalati di malaria dell'80% e un calo dei decessi dovuti a questa malattia del 90%. Il tracciamento dei contatti è essenziale per ottenere questi risultati. Quando un medico accerta un caso, nel villaggio del contagiato vengono inviati operatori sanitari per fare i test a tutti gli abitanti della zona, indipendentemente se abbiano sintomi o meno. A chi risulta positivo viene dato il farmaco per curare la malaria prima che si diffonda nell'intera comunità.

Non è difficile immaginare come tutto questo si possa applicare alla nostra esperienza con il coronavirus. Le ordinanze di isolamento domiciliare hanno come scopo quello di limitare i contatti, tuttavia il virus può continuare a diffondersi, anche senza essere rilevato, tramite i familiari, i vicini, chi lavora in esercizi commerciali e nei servizi e altre persone con cui potremmo avere dei contatti. E mentre le autorità sviluppano piani sulle modalità di rientro al lavoro, gestire un inventario di queste interazioni si fa sempre più complicato.

Cosa ci aspetta

Mentre si parla di alleggerire alcune restrizioni e riavviare parte delle attività economiche, è incoraggiante vedere iniziative, come quella del governatore Jay Inslee dello Stato di Washington, che mettono al primo posto il tracciamento dei contatti. Ciò detto, ci sono ancora tanti dubbi e poche risposte su come mettere davvero in atto queste iniziative.

Negli Stati Uniti, Apple e Google sono finite in prima pagina il 10 aprile, data in cui hanno annunciato la loro collaborazione per creare una nuova piattaforma di tracciamento volontario dei contatti, compatibile con i dispositivi iOS e Android. Non è una novità: Cina, Singapore e Corea del Sud stanno già applicando strategie simili per tracciare le interazioni e avvisare i contatti nelle vicinanze di un possibile soggetto portatore tramite i dispositivi mobili.

Dimagi, la stessa azienda che ha messo a disposizione la sua tecnologia per contrastare l'ebola in Guinea nel 2014, sta collaborando con 16 enti pubblici di tutto il mondo per utilizzare CommCare nella strategia contro il COVID-19. Tra questi c'è il Department of Public Health di San Francisco, che sta lavorando con la University of California San Francisco per implementare CommCare come tecnologia principale di tracciamento dei contatti.

"Quando arriverà il momento di cambiare le misure di confinamento, questo programma di tracciamento dei contatti dovrà essere già pronto all'uso per poter rispondere ai nuovi casi ed evitare una diffusione del virus fuori controllo", ha dichiarato il sindaco di San Francisco, London N. Breed, in un recente comunicato stampa sul programma.

Con la piattaforma CommCare, chi ha avuto contatti con un positivo può scegliere se ricevere SMS o chiamate per controllare il suo stato di salute e l'insorgenza di sintomi nei 14 giorni di monitoraggio. Inoltre può scegliere di segnalare in maniera autonoma i sintomi via SMS per avvertire immediatamente le autorità sanitarie della necessità di eseguire ulteriori controlli o test.

Resta da fare un lavoro difficile

Tuttavia, non abbiamo ancora le idee chiare per quanto riguarda la riservatezza dei dati e i criteri di partecipazione. Chi avrebbe accesso ai dati e come verrebbero conservati? Gli utenti si iscriverebbero a un programma limitato nel tempo o il processo di iscrizione sarebbe automatico, per cui bisognerebbe poi revocare la propria adesione?

E poi, una domanda altrettanto importante, chi sarebbe del tutto escluso? La risposta al coronavirus ha messo a nudo per molti le disparità dovute al divario digitale negli Stati Uniti. Le comunità con i redditi più bassi, in particolare quelle di colore, hanno già sperimentato un numero sproporzionato di decessi. Affidarsi eccessivamente alle tecnologie digitali di tracciamento dei contatti aggraverebbe ulteriormente queste dinamiche? Ognuna di queste domande ha meritato e merita un'attenta considerazione: il dibattito su tutela della privacy e tecnologia va avanti da anni e probabilmente continuerà negli anni a venire.

Nonostante tutte queste domande, grazie al nostro lavoro per contrastare le epidemie di ebola e malaria, abbiamo imparato che ogni giorno di inazione ha il suo prezzo in vite umane. Inoltre, sappiamo che il tracciamento dei contatti è una delle leve più efficaci in ambito sanitario ed epidemiologico che si può sfruttare subito per limitare la diffusione della malattia. Mettiamoci all'opera senza trascurare le domande cruciali che riguardano l'uguaglianza e la privacy, non solo nella risposta contro la pandemia, ma anche nei programmi di ripresa. Ma non aspettiamo che il dibattito sia chiuso prima di agire.

Questo tipo di tracciamento dei contatti può sembrare banale per chi come noi mastica tecnologia tutti giorni, ma il successo ottenuto nella lotta contro alcune delle malattie più letali al mondo dovrebbe contare di più della mera innovazione. Le campagne contro l'ebola e la malaria sono state vinte sì grazie alla tecnologia, ma soprattutto grazie alle persone che hanno raccolto le informazioni dai pazienti e indagato sulle loro relazioni.

Il fatto che la tecnologia possa contribuire più a un'evoluzione che a una rivoluzione non ci deve impedire di cogliere l'occasione per sfruttarla al meglio. Le procedure di tracciamento dei contatti che possiamo attuare oggi per capire e limitare la diffusione della malattia ci aiuteranno a ridurre il rischio e salvare vite umane. Forse abbiamo superato il punto tanto caldeggiato dal dott. Brilliant 14 anni fa, ossia avere un rilevamento e una risposta precoci, ma questo è il momento in cui agire può essere la prossima mossa per controllare, e alla fine eliminare, il virus.